Due ricordi personali che si uniscono al più ampio ricordo che tutta la Scuola di Musicoterapia di Assisi, tutti i suoi docenti e tutti i suoi allievi, vogliono fare a Gino Stefani.
RICORDARE GINO STEFANI
Quel giorno eravamo andati insieme a Genova per un convegno.
Essendo l’ora di desinare andammo a cena e, con grande sconcerto della ristoratrice, Gino Stefani per sé ordinò pane e vino. Era sobrio nel corpo; francescano.
Lo fece per un atto di cortesia nei miei confronti e per farmi compagnia, perché se fosse stato per lui non avrebbe avuto bisogno di cenare.
Come avvenuto durante il viaggio, come avveniva sempre nei viaggi verso Assisi per il Corso di musicoterapia, o a casa sua, mi parlò dell’abduzione e della competenza musicale comune. Spesso ci vedevamo, a quel tempo, e la sua costante preoccupazione era coinvolgermi per trasformare le mie competenze ‘specialistiche’ in competenze umane. Il dialogo era sempre molto fitto, impegnativo, affascinante. Provò a spiegarmi come l’incontro tra l’uomo e la musica, o l’esperienza musicale, o il suono, producessero senso. Mi parlava dei suoi libri: quello sugli intervalli, sulla melodia, sul ritmo, spesso accompagnando gli esempi al pianoforte, cantando Schubert su un giro di Paoli o Paoli su un giro di Schubert, e spiegandomi in tal modo le prove di commutazione.
Una volta volle provare il mio clarinetto, era un Selmer, ma lo trovò stonato, lui che aveva l'orecchio assoluto. Mi consolò suggerendomi una diteggiatura alternativa.
Mi rimproverava perché il mio pensiero si rivolgeva alla mente degli ascoltatori. Non mi giudicava, sembrava solo lo constatasse, ma aveva ragione.
Poi, un giorno, le nostre strade si divisero, più per una incomprensione dovuta ai nostri rispettivi caratteri, che non per divergenze su contenuti.
Da allora il rapporto con l’uomo mi è sempre mancato, ma quello con il pensatore mi ha sempre accompagnato.
Del resto, come amava ricordare Angelo Paccagnini: I suoi allievi - che Angelo come docente al Conservatorio e poi come direttore spesso incontrava - erano sempre preparatissimi.
Pier Luigi Postacchini
Bologna 9 aprile 2019
Ho vissuto con Gino anni e anni, tutto il periodo della sua presenza al Conservatorio Rossini di Pesaro, giravamo le Marche per dar vita a un progetto per lui molto caro: Dare alla gente la parola sulla musica. Era per Gino, e lo divenne subito anche per noi tutti suoi studenti, amici e collaboratori, un imperativo forte, deciso, era un tema-problema di alto valore democratico. Era l’Homo Musicus, quello delle musicalità più comuni e quotidiane, quello presente in tutti gli esseri umani, che doveva pro-muoversi e ri-emergere soprattutto nelle sue ricerche di semiologica musicale. Ricerche, indagini, saggi e pubblicazioni che lo resero unico e originale, e sempre più noto a livello europeo.
Le mie prime pubblicazioni fatte assieme a Gino, alla Johannella Tafuri e alla Franca Ferrari, nascevano sempre da dialoghi, dibattiti, indagini, prove, confronti, analisi musicali tutte cariche di quella pertinenza e priorità che ti imparavano a raddrizzare il pensiero, a scoprire ciò che davvero aveva senso in tutte le pratiche musicali umane.
Con Gino passare un’ora, un giorno, un mese, un anno e tanti anni ancora era un costante esercizio utile per uscire dalla propria mente musicale e andare alla ricerca delle altre menti musicale, confondersi con queste per rileggerle in termini semiologici e non solo, per dar vita a quella che lui definiva con i termini di Musica con coscienza, di Competenza musicale di base, ecc. Tutti importanti concetti che poi ha materializzato in importanti pubblicazioni. E la sua vita di semiologo e creativo analizzatore è una ricca e brillante costellazione di pubblicazioni che ora non è il momento per indicare.
L’antropologa americana Nancy Sheper Hugues ha definito l’essere umano con questo termine: Mindful Body, intendendo così l’essere umano come una mente piena di corpo o un corpo pieno di mente. Ecco, tutti quei tanti anni che sono stato accanto a Gino ho avuto davvero l’impressione di essere davanti a una mente piena di corpo: tutto quello che conosceva lo traduceva in esperienza diretta, tutto quello che sapeva fare in musica lo sintetizzava in teoria. Insomma Gino era una persona davvero sorprendente.
Queste poche righe non vogliono essere il rimpianto di una perdita, ma il ricordo felice di un ricco dono ricevuto dall’uomo Gino. Un amico che amorevolmente mi diceva a quattrocchi: Vedi Maurizio non possiamo andare davanti alla gente comune per insegnar loro la musica; dobbiamo andare davanti alla gente comune per dire cose che permettano a loro di capire che la musica la sanno già!
Grazie Gino
Maurizio Spaccazocchi
Urbania 9 Aprile 2019
Questi due ricordi personali sono solo un piccolo pensiero che si unisce al più ampio ricordo che tutta la Scuola di Musicoterapia di Assisi, tutti i suoi docenti e tutti i suoi allievi vogliono fare a Gino Stefani.